Finanziarizzazione dell’economia e crescita dell’economia reale

Chi pensava che il fallimento di Lehman Brothers, innesco ufficiale della crisi finanziaria mondiale del 2008, avesse di fatto costituito un freno alla crescente finanziarizzazione dell’economia globale, potrà trovare una puntuale smentita di questo convincimento in un’analisi svolta da Intermonte Sim su dati ufficiali del Fondo Monetario Internazionale.

Se, infatti, si pongono a raffronto, da un lato gli andamenti dei mercati borsistici mondiali e dall’altro quello dell’economia reale, utilizzando l’indicatore del PIL, si scoprirà che nel corso di questi anni il solco scavato tra i primi e la seconda, anziché attenuarsi, si è andato ulteriormente dilatando.


Lasciando lo spazio alle cifre, risulta che tra il 2008 e il 2020 la capitalizzazione globale delle Borse è passata da 55.159 miliardi di dollari USA a poco meno di  71.400 miliardi. Nello stesso periodo i valori del PIL mondiale nominale sono arretrati da 23.414 miliardi di dollari USA a 20.606 miliardi. Inoltre, se ci si focalizza sugli andamenti dello scorso anno, ovviamente condizionati dal diffondersi degli effetti economici perversi della Pandemia da Covid ’19, si potrà notare che allo scontato calo del PIL per un ammontare superiore ai 2.800 miliardi di dollari USA è corrisposto un significativo balzo in avanti della capitalizzazione delle Borse per un importo di 16.240 miliardi.

Il rapporto tra le due grandezze (capitalizzazione delle Borse e PIL) è, così, passato dal quasi 50% del 2008 al 122% dello sorso anno. Una crescita, che fotografa in modo esemplare le direttrici di sviluppo dell’economia mondiale e che trova la sua giustificazione nella politica di abbondante liquidità portata avanti in questi anni dalle Autorità Monetarie al di qua e al di là dell’Atlantico. Ma non solo. Certamente, un fattore cruciale per questo aumento è stato rappresentato dal peso crescente (riflesso diretto di un’avanzata inarrestabile dell’economia della conoscenza) sui listini mondiali registrato dalle imprese con attivi a prevalente  presenza di attività immateriali, le cui valutazioni sono risultate in marcata lievitazione. Senza trascurare, infine l’aspetto collaterale del diffondersi di imprese altamente tecnologiche e meno “labour intensive”, quindi, con un impatto più limitato sull’economia reale.

Le cifre appena ricordate si prestano ad ameno due interrogativi. Il primo: quanto può considerarsi pericoloso questa divaricazione tra finanza ed economia reale per la stabilità finanziaria ed economica globale ?

Il secondo interrogativo: ci si deve rassegnare a questo tipo di squilibrio, che, ormai, non si può più considerare congiunturale ma ha rivelato la sua natura strutturale, o si può ancora fare in tempo a correggerlo, riportando a valori più rassicuranti il rapporto tra capitalizzazione di Borsa e PIL nominale a livello globale?

Una risposta fattuale a questi interrogativi si potrà, certamente, avere nei prossimi anni, valutando l’impatto sui diversi settori di attività economica  delle misure adottate dai principali Paesi con le proprie misure di rilancio post pandemiche.

Per informazioni scrivere a: info@tfnews.it