I Vescovi hanno detto si al ritorno del gesto di pace

Dopo tanti mesi di distanze, di gomiti e pugni, finalmente, i Vescovi hanno deciso che, almeno in Chiesa, torna il rito della pace durante la messa.

Il Consiglio permanente della Cei si è espresso: “I Vescovi si sono confrontati e hanno deciso di ripristinarlo, a partire da domenica 14 febbraio. E’ un gesto con il quale ci si scambia il dono della pace, guardandosi negli occhi o facendo un inchino del capo”, spiegano.

“La pandemia – ha ricordato il Consiglio Permanente – ha imposto alcune limitazioni alla prassi celebrativa al fine di assumere le misure precauzionali previste per il contenimento del contagio del virus. Non potendo prevedere i tempi necessari per una ripresa completa di tutti i gesti rituali, i Vescovi hanno deciso di ripristinare, a partire da domenica 14 febbraio, un gesto con il quale ci si scambia il dono della pace, invocato da Dio durante la celebrazione eucaristica”.

E ancora, continua: “Non apparendo opportuno nel contesto liturgico sostituire la stretta di mano o l’abbraccio con il toccarsi con i gomiti, in questo tempo può essere sufficiente e più significativo guardarsi negli occhi e augurarsi il dono della pace, accompagnandolo con un semplice inchino del capo”.


I Vescovi sulla vaccinazione anti Covid: è un gesto d’amore per sé stessi e per gli altri.

“Se dal punto di vista sanitario, i Vescovi hanno sottolineato l’importanza della vaccinazione, intesa come gesto di amore per sé e per gli altri ma anche come atto di fiducia nella ricostruzione,. Sul fronte sociale”, spiega la Cei, “hanno puntato i riflettori sulla crisi demografica, sulle nuove povertà, sul disagio e sulla solitudine. Ovvero sulle molteplici difficoltà che rischiano di sfilacciare ancora di più il tessuto comunitario già lacerato dalla crisi”.

Il Consiglio episcopale ha evidenziato il fatto che bisogna concentrarsi sull’importanza di educare nuove generazioni. Inoltre ricostruire al più presto condizioni e contesti che permettano esperienze formative integrali.

“Le nuove tecnologie sono di grande aiuto per tenere i contatti e per svolgere attività, ma non possono sostituire la ricchezza dell’incontro personale, della presenza. Aumentano le difficoltà dei bambini e soprattutto degli adolescenti, a cui va riconosciuto di avere vissuto, nella maggioranza dei casi, questi mesi con grande responsabilità e senso civico. Non si può tuttavia nascondere che sembrano crescere l’insofferenza dei giovani e la preoccupazione delle famiglie”, conclude.

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