Il Sole 24 Ore con la classifica delle città italiane più vivibili

Il “Sole 24 ore” anche quest’anno pubblica la classifica delle città italiane più vivibili. Per misurare la qualità della vita nel 2021, mentre si attende il bilancio di fine anno per una valutazione del benessere generale, focalizza tre fasce d’età rispetto alle quali, attraverso 12 parametri preposti, viene misurata la vivibilità del proprio territorio.

Tre le fasce d’età prese in esame

Le tre fasce d’età prese come target sono le seguenti: i bambini(0-10 anni), i giovani (18-35 anni) e gli anziani (65 anni e oltre). Per le tre categorie i Capoluoghi migliori per la qualità della vita sono: Cagliari che si distingue per essere una provincia a misura di bambino. Ravenna un luogo attraente per i giovani. Trento svetta per il benessere degli anziani. Tre province molto diverse “vincono” la sfida della qualità della vita declinata per i tre target generazionali, in base agli indicatori statistici selezionati dal Sole 24 Ore presentati per la prima volta nell’edizione di lunedì 28 giugno.

Divario Nord-Sud e assenza delle aree metropolitane

Si conferma, purtroppo, il ritardo generale del Mezzogiorno che nelle tre graduatorie popola quasi sempre il fondo delle graduatorie, solo le province sarde sembrano smarcarsi per i bambini.

Dalle 3 top ten emerge invece la quasi totale assenza delle grandi aree metropolitane, ad eccezione di Bologna che guadagna l’ottavo posto per benessere dei giovani e il quinto per gli anziani.

Milano e Roma appaiono solo nella top ten dedicata agli over 65 (rispettivamente in 10ma e in 8ava posizione), trainate dagli importi medi delle pensioni. Per i bambini, invece, si piazzano rispettivamente 42a e 18a, penalizzate dal ridotto spazio abitativo   e sprofondano al 76esimo e 106esimo posto per i giovani, anche a causa delle difficoltà di accesso alla casa rappresentate dagli affitti troppo elevati (la cui incidenza a Roma supera il 60% sul reddito medio dichiarato).

Male per i giovani anche Napoli dove si aggiungono le performance negative nel tasso di disoccupazione giovanile e nella minore incidenza di laureati.

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