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La mortalità delle criptoattività: i numeri e le cause

Ormai il tema delle criptoattività riempie di sé nelle sue diverse sfaccettature non solo le pagine della stampa specializzata, ma anche i report e i documenti ufficiali delle Autorità di controllo dei mercati monetari e finanziari. Ne è l’ennesima conferma lo spazio ad esse riservato nelle ultime, recenti Considerazioni Finali del Governatore della Banca d’Italia della scorsa settimana.

Ma, se si è ormai abituati ad analizzare le caratteristiche e la pericolosità di questi strumenti finanziari per i rischi a cui vengono, anche inconsapevolmente, esposti i loro detentori, sicuramente meno abituale è soffermarsi sull’aspetto del numero dei  loro fallimenti e sulle relative cause.

Secondo le valutazioni di Coimpsy.com, un sito che raccoglie i dati della mortalità delle criptoattività, dal 2011 le criptoattività  “defunte” ammontano ad oltre 2400 unità. Un numero, certamente, rilevante che, però, passa in secondo piano alla luce del successo quantitativo che continua ad accompagnare questo tipo di strumentazione finanziaria, arrivata a sfiorare il tetto delle 20mila unità, rispetto alle oltre 16mila di inizio anno.

Quali sono, dunque, le principali cause della mortalità delle criptoattività?   Una prima causa può essere definita fisiologica, comune anche ad altre iniziative del tipo start up, ed è dovuta, dunque, a modelli di business inadeguati a favorire un loro sviluppo nel tempo. Detto per inciso, inoltre, nello specifico campo delle criptoattività non è assolutamente scontato che nei loro promotori, accanto alle indispensabili competenze informatiche, si associno le necessarie capacità imprenditoriali.

Una seconda causa di mortalità risente della natura endogena di questi strumenti finanziari, in alcuni casi creati per gioco e destinati, pertanto, ad esaurire nel breve periodo, in assenza delle necessarie implementazioni, la propria carica di vitalità e di potenza computazionale,  venendo, quindi, destinate inesorabilmente a un binario morto.

Una terza causa, infine,  purtroppo non infrequente, è quella delle truffe. In questi casi il nuovo strumento finanziario viene agganciato ad una criptovaluta nota per dare credibilità al nuovo progetto finanziario, creando una forte aspettativa supportata dalla promessa di rendimenti allettanti. Una volta raccolte le risorse, le stesse vengono trasferite in altri wallet, che risultano inaccessibili per gli originari investitori e che non consentono comunque l’identificazione dei promotori della nuova criptoattività, rendendo, di fatto, inefficace qualsiasi azione orientata alla restituzione delle somme versate.

In definitiva, anche i dati e le relative cause di mortalità delle criptoattività costituiscono da un lato uno stimolo alla produzione in tempi ristretti di normative di regolamentazione di questo settore, giustamente paragonato, in costanza della loro assenza, ad un autentico far west; dall’altro dovrebbero mettere ancor più in allerta i potenziali investitori delle criptoattività. Sarebbe, infatti, auspicabile da parte loro, perlomeno, una maggiore attenzione nella lettura dei fogli accompagnatori e delle relative clausole, prima di procedere al loro acquisto.

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