Il racconto di uno psicologo sul confine ucraino: la fuga, il trauma, il crollo

Il dottor Matteo Mangiagalli, psicologo coordinatore dell’aera supporto psicologico per l’emergenza Ucraina per l’ong Soleterre, ha raccontato ad Adnkronos l’esperienza sul campo al confine ucraino polacco. 

All’inizio distanza dalla realtà, solo dopo consapevolezza

La psicologia dei profughi segue, passo per passo, il duro viaggio. Nella fase di attraversamento del confine “c’è una sorta di rimozione, di rielaborazione fantastica del contesto – spiega lo psicologo all’AdnKronos –. Sono convinti che dopo poco torneranno a casa, che finirà tutto, e c’è una reazione di totale presa di distanza dalla realtà. Il problema si pone quando arrivano a destinazione: lì prendono consapevolezza di aver lasciato la propria terra, c’è un crollo e le difese vengono meno, con tutte le problematiche del caso”.

Quindi Mangiagalli prosegue raccontando quello che accade con la presa di coscienza della situazione. “Venuta meno l’adrenalina che aiuta a portare avanti la fuga – spiega lo psicologo all’AdnKronos -, si riscontrano mutismo selettivo, chiusura, panico, ansia, mancanza di sonno, che sono le conseguenze più frequenti”. “La situazione è emotivamente intensa – continua Mangiagalli -. Dal punto di vista del trauma, sono tutte persone che hanno lasciato da un giorno all’altro le proprie radici, c’è dunque il trauma della guerra, la paura della morte, l’angoscia del non sapere che fine hanno fatto i propri parenti maschi (costretti a rimanere e ad arruolarsi per combattere, ndr) e tutto il tema dell’angoscia riguardo al futuro”. 

Infine, al termine della fuga uno scenario molto più complesso. “Una piccola percentuale ha già dei riferimenti su dove andare o da chi – spiega Mangiagalli -, ma tutti gli altri non hanno la minima idea, e devono prendere la decisione su dove andare in breve tempo, uno stress enorme“.

Tantissimi animali al seguito per dare continuità alla famiglia e alla casa

A seguire Mangiagalli commenta con due aspetti particolarmente interessanti: “L’attenzione che tante persone hanno avuto per gli animali mi ha colpito enormemente – spiega lo psicologo –  Tantissime persone sono arrivate con in braccio un animale, che serve, oltre che per coltivare l’affetto verso di lui, anche per tenere acceso un concetto di famiglia e di casa che diventa indispensabile. Quell’animale diventa un pezzo di casa”.

Altro aspetto rilevante è “la dignità nel quotidiano di queste persone – rivela Mangiagalli all’AdnKronos – che, arrivando ad ondate, soprattutto nei primi giorni dall’inizio del conflitto, erano ammassate in brandine una affianco all’altra. Non ho mai visto momenti di tensione, di contrasto. E’ vero che l’accoglienza polacca è stata encomiabile, ma è anche vero che in momenti di stress tali può accadere che ci siano disordini. Ecco, quello che mi porterò dentro è senz’altro la dignità di queste persone in fuga

(foto di Adnkronos)

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