ENI vorrebbe stoccare la CO2 prodotta sotto il Mare Adriatico

L’Eni, si apprende dall’Ansa,  sta già realizzando un impianto di CCS (Carbon Capture and Storage) in giacimenti di gas esauriti dell’Adriatico che potrebbero stoccare 500 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Il loro uso principale potrebbe essere assorbire la CO2 prodotta dalle industrie italiane, per evitare che finisca in atmosfera e aumenti il riscaldamento globale.

La CO2 sarebbe portata con condotte a 2 o 3 piattaforme sopra giacimenti esauriti, compressa fino a renderla liquida e iniettata a 3-4.000 metri di profondità. L’Eni ritiene che non ci siano rischi di fuoriuscite di gas (che peraltro è inerte, non è pericoloso e provoca solo effetto serra): i giacimenti hanno contenuto metano per milioni di anni, sono protetti da strati di materiali impermeabili e in 60 anni di sfruttamento non ci sono mai stati problemi sismici.

L’investimento sarebbe dell’ordine di 1 miliardo di euro, e secondo Eni avrebbe grosse ricadute occupazionali. L’impianto di CCS potrebbe servire le industrie della Pianura Padana, che emettono 40 milioni di tonnellate di anidride carbonica all’anno (su 70-80 complessive in Italia).

Va detto che il progetto Eni a Ravenna ha suscitato una forte opposizione fra gli ambientalisti, che lo ritengono un modo per continuare a usare i combustibili fossili, e in più pericoloso per il rischio di perdite. Il 12 maggio nella città romagnola è prevista una manifestazione di Fridays For Future contro la CCS, in concomitanza con il Cda di Eni.

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