Le nuove misure europee per contrastare il “greenwashing”

Il tema della sostenibilità ambientale è sempre più al centro dell’attenzione delle Istituzioni nazionali ed internazionali, come dimostrano anche i recenti incontri del G20 a Roma e del Cop 26 a Glasgow.

Si spiegano, così, da un lato il successo, che stanno riscuotendo sui mercati le iniziative portate avanti da imprese e organizzazioni finanziarie, che si attribuiscono la qualità di essere coerenti con i tre fattori ESG – Environmental, Social e Governance; dall’altro l’attenzione, che le Autorità di Vigilanza Europee stanno applicando nella repressione dei non pochi tentativi fraudolenti dei fondi di accreditarsi come organismi “verdi”, coerenti, quindi, con i dettami della sostenibilità prevista dai tre fattori prima citati, stabilendo dei nuovi importanti paletti di accesso.

Va letto in questa ottica il recente, corposo documento messo a punto dalle tre principali Autorità di Vigilanza Europee, ESMA, EBA E EIOPA, ove si delineano i nuovi requisiti da accertare per evitare le cosiddette verniciate di verde o greenwashing, secondo la terminologia ormai internazionalmente diffusa. In altri termini si vogliono, in tal modo, contrastare i rimedi di facciata posti in atto per avvalorare  una rispondenza ai requisiti ESG, che, nella realtà, non è suffragata dalle politiche societarie e dai fatti gestionali.

Ricordando che secondo la Direttiva europea in tema di trasparenza della finanza sostenibile sono previste due categorie di strumenti finanziari, i nuovi requisiti richiesti  delle 3 Autorità di Vigilanza, che, se approvati dalla Commissione dell’Unione Europea entreranno in vigore dal luglio del prossimo anno, stabiliscono che per i fondi e gli ETF “light green” andrà indicata in modo chiaro la percentuale di investimenti sostenibili; facendo la distinzione tra quelli con obiettivi ambientali rispetto agli altri, aventi uno scopo sociale. E non solo. Si renderà necessaria, anche, la verifica di un terzo parametro, la certificazione della percentuale di investimenti ambientali allineati con la tassonomia verde individuata da Bruxelles. Quanto agli organismi finanziari, orientati esclusivamente al “verde”, sarà, comunque, necessario indicare da parte loro le percentuali degli investimenti dedicati all’Environmental e al Social.

Come si vede, si tratta di un passo avanti decisivo rispetto all’iniziale previsione di un’esclusione dei settori delle armi e dell’alcol, segnandosi, così, una maggiore e più incisiva influenza dell’Unione Europea nel confezionamento del prodotto finanziario. In tal modo, l’investitore potrà rendersi conto in modo più chiaro e circostanziato della reale percentuale di un fondo effettivamente dedicata al  “verde”.

E, sempre nel segno della chiarezza e della trasparenza di mercato, si annunciano importanti innovazioni anche nella documentazione precontrattuale fornita alla clientela dai fondi, ove si dovrà dichiarare, in alternativa al proprio fatturato, o il dato della quota di spesa in conto capitale – Capex, cioè il flusso di cassa per acquistare, mantenere o implementare le proprie immobilizzazioni operative, o la quota di spese operative – Opex, ossia il costo necessario per gestire un prodotto, o un business.

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