L’evoluzione della corporate governance in Italia

E’ sicuramente molto interessante soffermarsi sulla fotografia della corporate governance delle imprese quotate sul mercato telematico azionario italiano, scattata dal recente Rapporto della Consob, di cui qui si ricordano sinteticamente alcuni dei tratti più significativi.

Un’analisi, curata dal Gruppo di ricerca di analisi e studi di questa Authority coordinato da Nadia Linciano, ormai giunta alla sua nona edizione e che si articola in 4 parti (assetti proprietari, organi sociali, assemblee e operazioni con parti correlate)  ed è arricchita, come da consuetudine, da un robusto apparato statistico.

L’universo considerato di 228 aziende, con una capitalizzazione superiore ai 537 miliardi di euro, mostra una netta prevalenza (196 aziende) di società controllate o da un’azionista con una quota di capitale inferiore al 50%, o attraverso patti parasociali; mentre sono solo 19 le società a proprietà dispersa, comunque, rappresentative di circa un quarto della capitalizzazione complessiva. Rimanendo sul versante del valore di capitalizzazione, va ricordato che le famiglie hanno un peso specifico inferiore a quello delle imprese pubbliche e degli emittenti di cui non è possibile individuare un “ultimate controlling agent”.

Cresce, poi, la presenza di investitori istituzionali, anche se con orientamenti operativi diversificati tra quelli nazionali ed esteri, con i secondi maggiormente propensi alla presenza in società a dimensione più diversificata e nelle imprese industriali.

Passando alla parte dedicata agli organi sociali, si nota come in Italia il modello di governance tradizionale continui ad essere il più diffuso, con solo tre imprese, infatti, che adottano il modello monistico e, addirittura, una  quello dualista. Nei consigli di amministrazione, la cui composizione è normalmente di 10 membri, la metà dei consiglieri è indipendente in ottemperanza a quanto previsto dal Codice di Autodisciplina e dal Testo Unico Finanziario. Anche per il collegio sindacale la prevalenza schiacciante (223 aziende su 228) è per il modello tradizionale, con almeno un esponente di minoranza in 120 casi (90 nell’anno precedente).

La fotografia scattata da questo documento mostra anche la popolarità di alcuni Comitati interni agli organi consiliari: da quelli per la remunerazione e per il controllo interno, che riguardano oltre il 90% delle società, agli altri delle nomine, che con il 67% registra un significativo incremento, e della sostenibilità, particolarmente presente, quest’ultimo, nel settore bancario (due terzi). Risulta, inoltre, stabile rispetto all’anno precedente il numero di casi (oltre 86%) di autovalutazione fatta dalle società, mentre è in aumento (oltre il 26,5%) quello della predisposizione di piani di successione.

Un’ultima annotazione, infine, sulle assemblee, che nel 2020, a causa degli effetti della pandemia da Covid ’19, si sono svolte avvalendosi esclusivamente della modalità del conferimento di deleghe a un Rappresentante designato e delle varie forme di voto a distanza previste nel Decreto “Cura Italia” dello scorso marzo,  quindi senza la presenza fisica degli azionisti.

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