Le sfide che attendono Mario Draghi

“È il tempo dei migliori” scrive in un suo editoriale il Professore Ercole Pietro Pellicanò. Tra i migliori ne cita esplicitamente uno: il Professor Mario Draghi. I fatti non hanno tardato a dargli ragione, perché ieri sera il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, preso atto del fallimento del mandato esplorativo dato al Presidente della Camera Roberto Fico per  cercare di ricomporre una maggioranza di Governo, ha convocato per questa mattina alle ore 12:00 al Quirinale proprio lui, il Professor Mario Draghi.

Mario Draghi e la crisi degli asset vitali per il Paese : chi è l’uomo da cui tutti si aspettano la soluzione?

Forse la sua storia  inizia da un ricordo di una frase che gli ripeteva  spesso suo padre e che negli anni è divenuta il file rouge della sua vita personale e professionale. Mio padre – racconta Draghi – vide un’iscrizione in cui c’era scritto: “se hai perso il denaro non hai perso niente, perché con un buon affare lo puoi recuperare; se hai perso l’onore, hai perso molto, ma con un atto eroico lo potrai riavere; ma se hai perso il coraggio, hai perso tutto».

E il coraggio, a Mario Draghi, nel corso di questi anni certamente non è mai venuto meno.

Draghi, romano, classe 1947, borsista del Mediocredito, perde, a breve distanza l’uno dall’altra, entrambi i genitori quando aveva solo 15 anni. E’ un pò quello che si definisce, a torto o a ragione, un figlio d’arte. Suo padre Carlo, vanta una carriera iniziata in Banca d’Italia e proseguita in Bnl, muore nel 1963. Sarà una zia a prendersi cura di lui, di sua sorella Andreina e di suo fratello Marcello. Studia al liceo Massimiliano Massimo di Roma dai Gesuiti.

Nel 1970 si laurea con Federico Caffè, keynesiano, uno degli economisti più in vista in Italia, la cui scomparsa resta ancora oggi  un mistero. Ma Caffè, prima di scomparire in circostanze tutte ancora da accertare,  farà in tempo ad avviare il talentuoso Mario verso il prestigioso Mit di Boston, affinché studi con il Premio Nobel Franco Modigliani. Al Mit consegue un Ph.d in Economics presso il Massachusetts Institute of Tecnology .

Poi inizia la stagione dell’insegnamento all”Università di Firenze dal 1981. Approda, negli anni Ottanta, nei grigi corridoi ministeriali nella veste di Consigliere Economico del Ministro del Tesoro Giovanni Goria, che lo designa a rappresentare l’Italia negli Organi di gestione della Banca mondiale.

Il 29 dicembre 2005 diventa il nono Governatore della Banca d’Italia e viene chiamato a sostituire Antonio Fazio, costretto alle dimissioni in seguito allo scandalo di Bancopoli. A causa di questa vicenda la durata dell’incarico conferito a Draghi ha un mandato a termine di sei anni, rinnovabile una sola volta.

Nell’aprile del 2006 viene eletto Presidente del Financial Stability Forum, divenuto Financial  Stability Board dalla primavera del 2009. Dal 1° novembre 2011 il grande definitivo e impegnativo ulteriore salto di qualità: Draghi assume il timone della Banca Centrale Europea.

Il 26 luglio 2012, in un intervento a Londra, annuncia con una frase che farà il giro del mondo, che la Banca Centrale Europea farà tutto il possibile (Whatever it takes) per salvare l’Euro.

La sua popolarità e la stima internazionale crescono a tal punto che il 31 dicembre 2012 è stato nominato uomo dell’anno dai quotidiani inglesi Financial Times e The Times, per aver ben gestito la crisi del debito sovrano europeo in un momento molto delicato, come l’estate di quell’anno quando la crisi finanziaria stava per contagiare grandi economie, come la spagnola e l’italiana.

Nel gennaio 2015 Draghi lancia l’atteso Quantitative easing, con cui la  Banca Centrale Europea acquista titoli di Stato dei paesi dell’Eurozona per 60 miliardi di euro fino al settembre 2016.

Il 31 ottobre 2019, con il tradizionale rito di passaggio di consegne a Christine Lagarde, termina ufficialmente il suo mandato di Presidente della Bce.

La  nuova difficile sfida

L’italiano che ha salvato l’Euro dovrà ora essere in grado, con il suo prestigio e la credibilità acquisita nel tempo in Italia e all’estero, di coagulare una solida maggioranza parlamentare, con il consenso responsabile e imparziale di tutte le forze politiche, lui che, peraltro, non ha mai palesato l’appartenenza a questa o a quella corrente di partito.

La gestione dell’emergenza sanitaria, l’utilizzo corretto e mirato dei fondi del Recovery  plan, il riassetto del sistema economico produttivo del paese sconquassato anche dagli effetti delle misure contro la diffusione della pandemia e da ultimo la riorganizzazione del sistema della scuola, saranno le priorità di Mario Draghi. Ma sul suo tavolo ci saranno anche le urgenti e improcrastinabili riforme costituzionali e soprattutto alla riforma della legge elettorale.

Per farlo ha due anni di tempo. Poi si andrà al voto e nel frattempo il Parlamento eleggerà il nuovo Capo dello Stato, a febbraio del prossimo anno.

Il suo nome ha attraversato fin dall’inizio il confronto e un inutile e becero dibattito politico che si è aperto con le dimissioni del Premier Conte. Mario Draghi da subito è stato considerato l’unico in grado di sciogliere la matassa del confronto che serve per vincere la sfida che il Paese deve affrontare per uscire o contenere la crisi globale di sistema che lo affligge.

Mario Draghi cambia la “cassetta degli attrezzi” dell’Europa

Draghi ha dimostrato, durante la sua Presidenza alla guida della Bce, di essere in grado di salvaguardare con rigore i principi dell’Europa, ma nel contempo è riuscito a fare da scudo alle difficoltà e alla contraddizione dell’Unione anche nei confronti dei mercati.

Per tutti coloro che hanno creduto e credono nell’Unione Europea, Mario Draghi è l’uomo che ha salvato l’Europa, quando nel 2011 ha visto coagularsi sulla sua candidatura anche il consenso dei Paesi più attenti ai conti pubblici, Germania compresa. Il suo debutto come ricordavamo è stato fulminante con il whatever it takes, tre parole in inglese (“tutto ciò che serve”), in grado di fermare i mercati e di fare da scudo al Paese in tensione per l’andamento dei tassi sui titoli di Stato.

Propositi a cui sono seguiti fatti, in un’accorta gestione di parole e decisioni, culminate nel quantitative easing: l’impegno della Bce – e delle banche centrali dei diversi Paesi europei – a sostenere i loro titoli sul mercato.

Qualcuno tempo fa scrisse a proposito delsuo operao nella Bce: di fatto è come se fosse riuscito a cambiare la ‘cassetta degli attrezzi’ della Bce senza snaturarne il ruolo.

Molto seguito nel suo excursus dalla moglie, nel momento di lasciare la Bce alla guida di Christine Lagarde, alla domanda di un giornalista sul futuro del nostro Paese, rispose:”Il futuro? Chiedete a mia moglie” che prontamente precisò: Lui non lo farà mai il Governo, non e’ un politico”. Così, infatti, la moglie di Mario Draghi rispose all’ANSA davanti al seggio elettorale presso il Liceo Mameli di Roma, dove la coppia si era era recata per andare a votare.

Draghi per molti è la soluzione sperata

Eppure, il professore, già da prima, era candidato dalla politica ai ruoli più importanti. Impossibile negare che, anche prima dell’attuale crisi politica, in molti hanno pensato a lui come il possibile successore di Mattarella alla Presidenza della Repubblica, visto che l’attuale inquilino del Colle ha fatto sapere di non pensare ad un nuovo settennato.

Defilatissimo rispetto alla politica, Draghi ha una indiscussa capacità di mantenere sempre una sufficiente distanza tra le parti, un rassicurante equilibrio senza, tuttavia, nascondere la propria opinione.

La guerra di Mario Draghi

“Ci troviamo di fronte ad una guerra contro il coronavirus e dobbiamo muoverci di conseguenza”, ha detto rompendo il silenzio dopo l’uscita dalla Bce con un intervento pubblicato lo scorso marzo sul Financial Times. “Il costo dell’esitazione potrebbe essere irreversibile”, ha quindi aggiunto, con un monito che appare in piena sintonia con l’urgenza e i timori espressi ieri sera nei sette minuti di intervento del Presidente Mattarella, al termine del colloquio con il Presidente della Camera dei Deputati che non è riuscito a ricomporre una maggioranza politica per un muovo Governo..

L’ultimo messaggio, a dicembre, sulla sfida che l’Italia deve ora affrontare, quella del Recovery Fund. “La sostenibilità del debito pubblico in un certo Paese sarà giudicata sulla base della crescita e quindi anche di come verranno spese le risorse di Next Generation Eu”, ha detto precedentemente. Una frase accompagnata da un monito ai Paesi sull’utilizzo delle risorse: “Se saranno sprecate, il debito alla fine diventerà insostenibile perché i progetti finanziati non produrranno crescita”.

Le reazioni della politica al suo incarico

Le prime reazioni delle forze politiche giungono dagli anti europeisti come Matteo Salvini che si appella al voto subito e cita l’articolo 1 della Costituzione sulla sovranità popolare, ignorando le contraddizioni che molto realisticamente ha indicato ieri sera il Capo dello Stato.

Ma se da un lato emergono dubbi sulla tenuta di Forza Italia in caso di un ‘Governo di larghe intese’, dall’altro, la Lega segue con attenzione cosa potrebbe accadere all’interno dell’area di ‘insoddisfatti’ tra i Senatori pentastellati.  La notizia dell’addio di Emilio Carelli – che oggi ha parlato con Luigi Di Maio – è stata accolta con grande soddisfazione da parte del partito verde che da giorni è molto attento all’insoddisfazione crescente in alcune anime del Movimento. Tanto che qualcuno, tra i leghisti, non esclude, magari non ora, ma in futuro, uno “smottamento” a proprio favore di quell’area politica. Qualcosa di più di una sensazione, come spiega lo stesso Carelli a Rainews24: “Ho parlato con alcuni deputati e senatori del M5S e ho trovato una disponibilità, spero che nei prossimi giorni facciano un altro passo”.

Intanto, al termine di un giro di telefonate con i leader, il Segretario  leghista diffonde una nota in cui ribadisce come “non sia possibile che la sinistra perda altro tempo, le priorità sono salute e lavoro, non i litigi per poltrone e Ministeri. Abbiamo le idee chiare su quello che serve per rilanciare il Paese” precisa Salvini. Non si parla di elezioni, non particolarmente grate ai ‘piccoli’, tuttavia si cerca di dare un segnale di unità in un momento in cui, soprattutto dentro Forza Italia cresce la tensione in attesa di capire come muoversi nel ‘dopo Conte’.

Il naufragio del tentativo di Conte apre uno scenario totalmente nuovo, in cui tutto ovviamente torna in gioco. Da giorni, a partire da Silvio Berlusconi, il partito azzurro auspica un non ben definito “governo dei migliori“.

Formula bocciata bruscamente dallo stesso Salvini: “Il Governo dei migliori sostenuto dal Parlamento dei peggiori è una cosa surreale che fa rabbrividire”, osserva in mattinata.

Detto questo, la Lega garantisce che il Presidente Berlusconi, parlando con Salvini, lo abbia rassicurato a favore di una linea unitaria. Anche il Vicepresidente azzurro, Antonio Tajani, in modo molto netto ha escluso ogni ipotesi di accordo con i ‘giallorossi’: “Non esiste la sostanziale unità del Paese se manca mezzo Paese. Voglio dire una cosa chiara e netta: la maggioranza Ursula in Italia non esiste”.

Ma le voci dai Gruppi Parlamentari sono meno nette. Come già accaduto nella fase di ‘scouting’ dei cosiddetti ‘responsabili‘, molti azzurri non si sono mossi rassicurati dal fatto che non ci sarebbero state le elezioni. Ma se quella condizione viene meno, tutto potrebbe cambiare repentinamente.

Se c’è ignoranza, c’è povertà

“L’istruzione si conferma al primo posto fra i campi dove un cambiamento forte è necessario. La bassa collocazione del nostro sistema scolastico nelle graduatorie internazionali ha una caratterizzazione territoriale che merita attenzione”.

 “Al Sud i divari nei livelli di apprendimento sono significativi già a partire dalla scuola primaria, tendono ad ampliarsi nei gradi successivi – dice Draghi. Un quindicenne su cinque nel Mezzogiorno versa in una condizione di “povertà di conoscenze”, anticamera della povertà economica. Il ritardo si amplia se si tiene conto dei più elevati tassi di abbandono scolastico. L’esistenza di un divario territoriale così marcato mostra che il problema non sta solo nelle regole, ma anche nella loro applicazione concreta”.

Poi: “In Italia il reclutamento dei docenti, la loro distribuzione geografica e fra le diverse scuole, i percorsi di carriera sono governati da meccanismi che mescolano, a stadi diversi, precarietà e inamovibilità. La mobilità ha scarso legame con le esigenze educative, con meriti e capacità: ogni anno più di 150 mila insegnanti su 800 mila cambiano cattedra in un travagliato percorso di avvicinamento alla posizione desiderata”.

Infine aggiunse: “Pesa il ritardo nello sviluppo di un efficace sistema di valutazione delle scuole, che nell’esperienza degli altri Paesi appare indispensabile complemento dell’autonomia scolastica. Per cambiare la scuola italiana si deve muovere dalla constatazione dei circoli viziosi che la penalizzano, disincentivano gli insegnanti, tradiscono le responsabilità della scuola pubblica. I problemi nascono qui, non da una carenza di risorse per studente destinate all’istruzione scolastica, che sono invece più elevate in Italia che nella media dei Paesi europei”

Il futuro dei giovani è a rischio, bisogna dar loro di più. Draghi ha sempre ribadito che il debito dovrà essere buono per non caricare «le nuove generazioni di un’eredità insostenibile, che potrebbe creare una delle forme più gravi di diseguaglianza. Ha aggiunto che si corre il pericolo che ai giovani resti la mancanza di una qualificazione professionale che potrà sacrificare la loro libertà di scelta e i loro redditi futuri. La pandemia potrebbe creare una distruzione di capitale umano senza precedenti”.

Parlando agli studenti dell’Università Cattolica, nell’ottobre del 2019, ha detto loro: “mi auguro che molti studenti di questa università decidano un giorno di mettere le loro capacità al servizio pubblico. Se deciderete di farlo, non dubito che incontrerete ostacoli notevoli, come succede a tutti i policy maker. Ci saranno errori e ritirate perché il mondo è complesso. Spero però che vi possa essere di conforto il fatto che nella storia le decisioni fondate sulla conoscenza, sul coraggio e sull’umiltà hanno sempre dimostrato la loro qualità».

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