Luca Tomassini (Vetrya): “occorre riformare, non rivoluzionare”

(di Luca Tomassini*)

Il capitalismo è il peggior sistema economico, esclusi tutti gli altri. Questa la parafrasi del famoso aforisma di Churchill, originariamente dedicato alla democrazia, che potrebbe costituire la premessa di una riflessione tanto ampia quanto ormai necessaria sul futuro dell’economia mondiale, messa a dura prova dalla pandemia da nuovo coronavirus, ma già in precedenza indotta a tornare sui suoi passi.

L’occasione forse più significativa per intraprendere un’analisi critica sul capitalismo è stata l’esplosione della questione ambientale, che anche grazie alla spinta data dai “Fridays for Future”, ha richiamato l’attenzione collettiva sull’importanza dell’utilizzo cosciente, equo e sostenibile delle ricchezze naturali a nostra disposizione, e ha sollevato nuovi interrogativi sulle modalità di sfruttamento delle risorse finora perseguito.


Non è un caso che l’esplosione del Covid-19 abbia suggestionato molti al punto di indurli a giudicare questo straordinario evento come una sorta di “risposta” della Terra al depauperamento cui viene sottoposta dal sistema economico e sociale ormai diffuso.

Il capitalismo ha dimostrato nel tempo una tenuta democratica che altre forme non hanno avuto. Il bambino della straordinaria prosperità assicurata dalla libertà economica non va quindi a mio parere gettato insieme all’acqua sporca delle diseguaglianze, dello spreco e della scriteriatezza ambientale. Occorre riformare, non rivoluzionare: e in questo senso vedo tre direzioni da perseguire. La prima è indirizzata verso il digitale; la seconda, verso la sostenibilità; la terza, verso la bellezza.

Il capitalismo – questo è il primo dei suoi meriti – è l’ambiente che ha generato le condizioni per lo sviluppo della più straordinaria trasformazione cui noi esseri umani abbiamo mai preso parte, quella della Rete internet. Se oggi ci si interroga sui pericoli di possibili monopoli, di economia dei dati e capitalismo della sorveglianza, non bisogna certo dimenticare gli straordinari vantaggi che internet ha comportato, che si estendono dalla comunicazione alla medicina, dalla logistica all’intrattenimento, dai trasporti alla politica, dal lavoro all’istruzione.

C’è poi un’altra ragione per non guardarsi indietro e rinunciare ad abbattere il capitalismo tecnologico, ed è costituita dal legame ormai sempre più evidente tra il digitale e la sostenibilità.

Le conquiste maturate grazie all’avanzata esponenziale delle potenzialità tecnologiche ci hanno messo in grado di velocizzare, semplificare, ottimizzare, in una parola introdurre nei processi e nei sistemi l’intelligenza necessaria a pianificare e esercitare al meglio l’utilizzo di qualsiasi risorsa, a partire da quelle naturali.

Lontano quindi dal contrapporsi alla natura come immaginato dagli scenari tecnofobi di appena qualche anno fa, la tecnologia è anzi sua alleata, capace di supportare il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità come altrimenti sarebbe impensabile.

Il connubio purtroppo non è ancora stato colto da tutti: lo dimostrano le proteste contro la quinta generazione di reti di telecomunicazioni mobili, accusate dai detrattori di essere nocive per l’ecosistema.

In questo periodo, l’inquinamento è stato ridotto anche per via della necessaria scoperta del lavoro agile, che da eccezione riservata a pochi datori di lavoro pionieristici è verosimile possa essere mantenuta per il futuro, assaporati i vantaggi di una modalità operativa che consente di conciliare al meglio vita e lavoro.

Questo significa anche una profonda trasformazione degli equilibri tra grandi e piccoli centri, che rende pressante l’esigenza di rivalutazione dei borghi, improvvisamente assurti al ruolo di mete privilegiate. Sindaci e amministratori dei piccoli centri, borghi e cittadine di provincia devono essere consapevoli che fibra e 5G sono la base per la creazione di “smart working village” che consentono di offrire un contributo ai residenti temporanei.

Digitale, sostenibilità e bellezza, sono dunque queste le chiavi per trasformare il rischio in opportunità, la minaccia in energia positiva di cambiamento, e per fare questo abbiamo e continueremo ad avere bisogno del capitalismo, della tecnologia e dell’impresa.

 

(*) Cavaliere del Lavoro. Presidente Gruppo Vetrya e Professore aggiunto della Luiss Business School

 

Autore:

Redazione

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