Russia: colpo di stato o intrigo internazionale?

In poche ore è cambiato lo scenario politico militare della Repubblica della Federazione russa e subisce uno scossone anche quello dei Paesi dell’Unione Europea. Il motivo risiede nel tentativo di “colpo di mano”  da parte della  “Brigata Wagner”, una legione di mercenari dal passato di dubbia legalità, assoldata da Evgenij Prigozhin, uno dei recenti oligarchi russi, ex proprietario di un piccolo chiosco divenuto misteriosamente amatissimo e fedelissimo del leader russo, ma, da pochi mesi, trasformatosi nel suo più acerrimo detrattore e autore di critiche durissime nei confronti dei vertici militari russi accusati di aver lasciato la Wagner priva di sufficienti munizioni e del necessario sostegno logistico e tattico per i propri uomini in occasione del conflitto ucraino.

Prigozhin ha, quindi, deciso di scatenare  quella che lui ha chiamato guerra civile, ma che, per la portata dell’evento e dei suoi effetti, ha poco a che fare con un’insurrezione popolare, e sicuramente non è stata decisa all’ultimo minuto, ma l’ha dovuta preparare per tempo e probabilmente cercando i necessari consensi e sostegni esterni. La posta in gioco era alta e il rischio molto elevato, perché la Wagner, a detta dello stesso Prigozhin, forte di 25.000 uomini, ha avuto il coraggio e la forza di sfidare le forze armate russe. Queste ammontano, viceversa, a 800.000 unità, ma fonti accreditate dicono che siano solo 10 o 15.000 i fedelissimi agli ordini diretti di Putin, mentre buona parte dell’apparato militare, anche durante il conflitto contro l’Ucraina, ha mostrato poca  efficienza strategica e logistica e soprattutto i suoi vertici sono stati più volte in disaccordo con le decisioni prese sulla conduzione della guerra dal leader russo.

In sole nove ore la Wagner entra, tuttavia, indisturbata in territorio russo,  varcando il confine con l’Ucraina dove i suoi miliziani si trovavano a combattere la controffensiva delle Forze Armate di Zelensky. Prigozhin e i suoi dicono di volersi dirigere  verso Mosca, che dista poco più di 500 chilometri, dopo aver occupato e preso il controllo di Rostov, città sede del Quartier generale delle Forze Armate russe durante il conflitto con l’Ucraina.

Con la sua colonna di mezzi blindati, Prigozhin percorre circa 250 km senza subire alcuna resistenza da parte delle Forze Armate russe che, in realtà, non avrebbero avuto alcun problema nel fermarlo anche solo bombardandolo con la propria Aeronautica. I “musicisti”, come li chiama il popolo russo,  sfilano,  invece, tra gli applausi della gente e uccidono solo 15 militari russi che tentano di opporsi alla loro avanzata, mentre molti altri soldati dell’armata putiniana  si aggiungono alla colonna dei ribelli in marcia.

Ma, ad un tratto, proprio mentre Mosca si stava barricando, preparandosi  a subire un presunto attacco da parte di Prigozhin e mentre il Sindaco della capitale invitava i cittadini a restare chiusi in casa e proclamava la chiusura di tutte le attività pubbliche private per la giornata di lunedì, il Capo della Wagner ha fermato il convoglio a soli 200 km circa dalla capitale russa.

Poco dopo, la vicenda cambia volto: il silenzio delle fonti governative ufficiali e di informazione russe, infatti, viene sorprendentemente spezzato da una fitta serie di comunicati che annunciano al mondo la decisione di Prigozhin  di sospendere la propria marcia alla volta della capitale e di aver deciso il rientro delle sue truppe in Ucraina.  I media locali precisano che la decisione è frutto di una lunga mediazione avvenuta durante le nove ore di marcia con il leader bielorusso Lukaschenko, che avrebbe trattato le condizioni per conto di Putin. Secondo le fonti ufficiali, Prigozhin,che ad oggi non ha confermato di aver dato corso ad alcuna trattativa, avrebbe chiesto, in cambio della rinuncia a proseguire la sua marcia, la sostituzione dei vertici militari della Federazione e la sua nomina a capo del Ministero della Difesa,  attualmente affidato al Generale d’Armata Sergej Kužugetovič Šojgu. Probabilmente il timore del Capo della Wagner è anche quello che possa venir meno il suo ruolo di leader qualora, come preannunciato da Putin, il 1 luglio  la Brigata venisse inserita nell’organico delle Forze armate russe  e come tale fosse posta  alle dirette dipendenze del Ministero  della difesa togliendo a Prigozhin il  potere assoluto che esercita oggi  sui suoi uomini.

Per finire la contrastata cronaca della giornata di sabato occorre riflettere anche sul fatto che non si sono mai visti in pubblico né Putin, né i suoi vertici militari, e che non si sa se è vero che, come riferito da fonti locali, Prigozhin si sia rifugiato a Minsk in Bielorussia per proteggersi da eventuali ritorsioni di Putin, e che non si sa neppure se lo stesso Presidente della Federazione Russa sia rimasto al Cremlino o, come rivelato da fonti del controllo del traffico aereo, sia stato a bordo di uno degli aerei presidenziali visti decollare dall’aeroporto di Mosca in direzione di quello di San Pietroburgo.

Difficile interpretare, quindi, il significato del gesto di Prigozhin, mutilato dalla trattativa messa in campo da Lukaschenko e contornato da una serie di notizie tutte da verificare che riferiscono di misteriosi e presunti colloqui avvenuti nei  giorni scorsi tra la Wagner e le Forze Armate ucraine che ne avrebbero addirittura elogiato le capacità militari, denigrando, viceversa, quelle dell’esercito regolare russo. Ma ci sono anche voci di colloqui che sarebbero intercorsi segretamente tra il Capo della Wagner e l’Intelligence degli Stati Uniti d’America, come riportato a fine giornata di sabato scorso dal New York Times.

Pertanto, non potendo avere dati certi su quanto accaduto si potrebbero persino azzardare due ipotesi che in qualche modo possono offrire una ragionevole spiegazione di quanto accaduto.

La prima è che l’intera vicenda  sia il risultato di una competizione personalistica tra i due uomini più forti della Federazione Russa: da una parte Putin e dall’altra Prigožhin il quale, consapevole dello strapotere militare raggiunto dalla Wagner, ritenuta necessaria e indispensabile da Putin per compensare la debolezza tattica e strategica del suo apparato militare, ha deciso di inserirsi sulla scena politica, chiedere la destituzione del suo nemico numero uno, l’attuale Ministro della Difesa in cambio di essere egli stesso nominato a capo del Dicastero delle Forze armate della Federazione.

Questo cambio al vertice della difesa potrebbe essere molto pericoloso per Putin perché ne potrebbe compromettere sia la sicurezza personale che la continuità del suo mandato politico, laddove nei piani di Prigozhin ci fosse l’idea di esautorare Putin  da ogni potere e assumere egli stesso la leadership della federazione.

La seconda ipotesi è quella più intrigante, forse un po’ fantapolitica, ma non del tutto  inverosimile. Infatti, essendo la comunità internazionale giunta ad uno stallo nel conflitto fra Russia e Ucraina, gli Stati Uniti, col presumibile consenso degli alleati della NATO e quello della Repubblica cinese, rimasta per quasi una giornata nel più assoluto silenzio in merito al tentato colpo di mano di Prigozhin, sebbene dopo 24 ore essendosi espressa a sostegno del potere di Putin,potrebbero, tuttavia,  aver raggiunto un accordo, magari proprio in occasione dell’ultimo e forse non casuale incontro tra il Segretario di Stato Blinken e il Presidente cinese Xj Jinping, per esautorare Putin dal suo potere e per far sì che si potesse, in questo modo, giungere alla “pace giusta” nel conflitto con l’Ucraina, senza obbligare il leader russo a dichiarare pubblicamente una resa e ottenendo il conseguente cessate il fuoco con la discussione  delle trattative intorno ad un tavolo di pace che, sebbene non facile, potesse consentire di uscire dall’empasse del conflitto in Ucraina.

Se così fosse, Prigozhin  avrebbe giocato il ruolo di strumento militare utilizzato dalle due superpotenze per depotenziare la figura di Putin, partorendo due risultati: il primo potrebbe essere quello di fare sì che Putin lasciasse volontariamente il posto di comando in modo incruento e se vogliamo con gli onori delle armi, relegandolo magari in una dacia in mezzo alla tundra sconfinata e alla stregua di quanto accade per la destituzione di Nikita Krusciov nel 1964.

Il secondo risultato,  meno eclatante del primo, potrebbe essere quello di indurre Putin a inserire nell’apparato politico militare della Federazione la figura di Prigožhin come Ministro della Difesa liquidando, di conseguenza, i vertici militari, da tempo invisi al capo della Wagner.

Molto probabilmente questa seconda ipotesi pur essendo mediaticamente meno impattante, potrebbe essere, comunque, propedeutica  alla piena presa del potere da parte di Prigozhin e portare all’esautorazione definitiva di Putin che, in ogni caso, in entrambe le ipotesi, alla fine di queste giornate vede ulteriormente indeboliti la propria autorevolezza e il proprio potere, la sua immagine di uomo forte non più confortato dal consenso popolare.

La domanda, però, a cui il mondo sta cercando  di dare una risposta, indipendentemente dai motivi di quanto accaduto, è quale piega risolutiva potrebbe assumere il conflitto in Ucraina, quali effetti potrebbe sortire un siffatto cambiamento dello scenario politico militare in Russia sul resto dell’Europa, e soprattutto cosa ne potrebbe essere della valigetta contenente le chiavi che attivano i meccanismi di lancio delle 5000 testate nucleari a disposizione della Federazione russa e che sono sempre saldamente custodite dal suo Presidente.E che fine faranno i miliziani della Wagner che hanno partecipato direttamente al tentativo di colpo di mano? Anche se graziati da Putin, davvero potranno continuare a  combattere a fianco dell’esercito russo e sotto il comando di chi visto che il loro capo attualmente risulta irreperibile?

Di certo, alla luce dei fatti accaduti, la Russia, in queste ore, sta scrivendo l’ennesima pagina tormentata della sua lunghissima, ma anche nobilissima storia.

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